Diabasis: Comunità e identità
Promemoria di un proletario cosciente
di Silvano Bozzo
editore: Diabasis
pagine: 290
Ricordi personali che si intrecciano con episodi della storia del Novecento, sullo sfondo di Genova operaia: l'autobiografia di Silvano Bozzo non segue una narrazione cronologica, ma racconta gli avvenimenti come la memoria li restituisce all'autore. È una sorta di ripercorso di sé nella memoria individuale e collettiva, un modo appassionato per fare i conti con sessant'anni di militanza sociale e politica. Le memorie d'infanzia nell'Italia fascista, la guerra, i bombardamenti, il "ritorno alla vita" all'indomani della Liberazione. E poi il lavoro in fabbrica, e l'appassionata vicenda politica dal sindacato al Partito Comunista, fino a diventare uno dei dirigenti liguri. Un proletario "cosciente", nel senso dell'emancipazione etica e intellettuale, ma anche per la consapevolezza di aver vissuto per anni al centro di vicende che - nella velocità del secolo breve - sarebbero presto trascorse dalla cronaca alla storia.
Quando il lavoro. Storia rurale del basso mantovano e dintorni nel ventesimo secolo
editore: Diabasis
pagine: 112
La lanterna, l'ancora e... il Po. Ventotto storie piacentine
di Luigi Galli
editore: Diabasis
pagine: 128
Lungo trent'anni. Immagini e testimonianze della cooperazione a Castel San Giovanni
editore: Diabasis
pagine: 112
Arnaldo Bartoli. Battello pazzo. Racconti, piccole storie e altri versi
editore: Diabasis
pagine: 168
Le galline di Borgo Emilio e la polenta rossa. Un viaggio impertinente nella cucina reggiana
di Gabriele Franceschi
editore: Diabasis
pagine: 144
Un viaggio tra storia e geografia del territorio: la cucina reggiana tradizionale raccontata con amore e ironia, impertinenza e acutezza, ricostruzioni irriverenti della memoria e cura per la filologia dialettale. In epoca di fast food, Gabriele Franceschi protegge e valorizza quella cucina fatta di lentezza, di pazienza, di rispetto, di cibi genuini e sinceri come la terra reggiana. I cibi tradizionali, rivela l'autore, non sono quelli sempre più spesso propinati come "tipici", in frettolosi ristoranti o in approssimativi ricettari. E apre un divertente teatrino polemico sul giusto canone culinario della tradizione reggiana. Demolendo molti luoghi comuni, come quello che vuole la nostra cucina fondata solo su grana, paste ripiene, brodi di cappone, salumeria ed erbazzone. L'autore ripercorre anche le profonde differenze tra i cibi e le bevande tipiche dei territori di montagna e di pianura, tra quelli di città e della campagna. E anche quelle fra diversi strati sociali: la cucina borghese, quella operaia e proletaria di Santa Croce, e quella sottoproletaria di Borgo Emilio, "mitico" quartiere un tempo tormentato da una fame atavica. Sfatando così il mito di una presunta "tipicità reggiana" monolitica e tutta uguale dal Cusna al Po.