Nella nostra società moderna, caratterizzata dalla maggiore accettazione dei valori dell’uguaglianza, della tolleranza e della convivenza democratica, i pregiudizi e gli stereotipi dovrebbero essere destinati a non esistere più, in quanto retaggio di un passato meno evoluto. Ma basta guardarsi intorno per capire che non è così e che i pregiudizi, anziché sparire, si sono semplicemente adattati a convivere con i nuovi valori di razionalità e di tolleranza, e si sono trasformati, da espliciti e arroganti, in impliciti o apparentemente ragionevoli. Osteggiati nelle dichiarazioni di principio, vengono, poi, di fatto, utilizzati molto più di quanto si pensi nell’agire quotidiano. Bruno Mazzara nel suo Stereotipi e pregiudizi descrive questi fenomeni nelle loro manifestazioni, ne esamina la natura e illustra la diffusione in diversi ambiti della nostra società.

"L’abito non fa il monaco", "con la cultura non si mangia", "i giovani non leggono", "gli immigrati ci rubano il lavoro"… Quante volte abbiamo sentito queste “perle” di saggezza popolare che ci hanno ingenuamente anche strappato un sorriso? Giuseppe Antonelli nel suo
Il pregiudizio universale stila un catalogo di questi luoghi comuni e per ognuno di essi affida il commento a illustri personaggi del mondo culturale italiano, come Telmo Pievani, Paolo Borgna o Eva Cantarella solo per citarne alcuni, cercando così di smontare il pregiudizio, il luogo comune e dimostrarne, in modo sintetico, l’infondatezza. L’opera risulta molto efficace in quanto il meccanismo di demolizione funziona bene perchè i pregiudizi analizzati rasentano l’assurdo o il ridicolo, soprattutto quando vengono contrapposti, ovviamente in modo involontario ma con un effetto paradosso, un pregiudizio a un altro pregiudizio.

Ognuno di noi pensa di essere immune dai pregiudizi, da quelle valutazioni negative che vengono espresse, senza avere elementi concreti, su una persona o su un gruppo. La magistrata Paola Di Nicola, impegnata da sempre contro ogni forma di discriminazione, in particolare quella di genere, nel suo
La mia parola contro la sua ci racconta, però, come i pregiudizi, in particolare quelli sulle donne, siano oramai interiorizzati dalla nostra società e come anche le aule di tribunale, luoghi che Di Nicola conosce bene e in cui dovrebbe regnare la verità, molto spesso si rivelino pieni di stereotipi; e ci dimostra, inoltre, come il silenzio dei complici non sia altro che omertà: un muro che va abbattuto.

Marco Brambilla e Simona Sacchi, docenti di psicologia all’Università Bicocca di Milano, nel loro volume
Psicologia sociale del pregiudizio, ci mostrano come il nostro sistema cognitivo abbia come prima necessità quella di ridurre e semplificare la massa degli input che ci provengono dalla realtà e proprio per questo motivo tendiamo a raggruppare le informazioni in insiemi omogenei, definibili come categorie. In questo modo attuiamo una semplificazione grossolana della realtà e del mondo che, in realtà, è molto più complesso e sfaccettato; semplificazione che ci tranquillizza e che ci difende dagli elementi imprevedibili e sconosciuti della realtà. Fondamentale è la consapevolezza di non poter essere immune dal pregiudizio e di approcciarsi a esso con spirito critico e riflessivo. Questi due elementi sono condizioni necessarie per attuare un lavoro sulle strategie di riduzione ed eliminazione del pregiudizio.

La sempre maggiore presenza di studenti stranieri nelle scuole italiane ha reso necessari interventi per favorire l’integrazione e la coesione tra italiani e immigrati. In una logica di divulgazione scientifica di modelli teorici al fine di individuare le soluzioni più adatte alla risoluzione del pregiudizio, nasce il volume
Ridurre il pregiudizio in classe di Loris Vezzali, Gian Antonio Di Bernardo e Dino Giovannini, nel quale, oltre ad analizzare alcuni modelli psicologici che consentono l’integrazione sociale, viene descritta l’esperienza di ricerca e sperimentazione messa in atto con studenti di cinque scuole secondarie superiori per favorire le relazioni interpersonali nelle classi, stimolando la conoscenza reciproca e riducendo, così, il pregiudizio.
Ci sono comportamenti semplici che ognuno di noi può mettere in atto per ridurre il rischio di pregiudizio: mettere in discussione, innanzitutto, la propria opinione e se stessi, dandosi uno sguardo autocritico e non autoreferenziale ed esercitando il dubbio, considerato troppo spesso un segno di debolezza, e scoprendo come la differenza non possa essere un ostacolo, ma debba essere considerata una risorsa di cui essere fieri.