Edito da La nave di Teseo nel 2020, Racconti di follia raccoglie in un unico volume tutti i racconti scritti da Patrick McGrath, tra i quali – accanto a quelli già pubblicati nelle precedenti raccolte Acqua e sangue e La città fantasma – sei ancora inediti in Italia.
Leggendo le storie ospitate in quest’antologia non sorprende e, anzi, si comprende bene il perché McGrath sia ritenuto il principale rappresentante del cosiddetto new gothic o gotico contemporaneo. Iniziato dal padre alla psichiatria e alle teorie sulla follia sin dall’età di otto anni, McGrath non poté che appassionarsi già da bambino a tutto quanto concernesse la psiche e i suoi fantasmi, finendo, inevitabilmente, col diventare un accanito lettore del gotico classico sette-ottocentesco: il genere letterario in cui per eccellenza le paure dell’inconscio emergono e si manifestano come reali, mettendo in scena – citando l’introduzione di Joyce Carol Oates, un’altra somma rappresentate del nuovo gotico – "la disintegrazione della mente"
Così, accanto a quei – pochi – racconti più strettamente psichiatrici e noir, sono, sicuramente, il grottesco e il perturbante a fare da padroni alla raccolta, cavalcando immagini, repertorio e topoi più classici della letteratura gotica.
Non mancano, ad esempio, i vampiri, che ritroviamo sia nell’inedito Non è una partita di cricket, sia, descritti in maniera più “clinica” e horror, con gli anemici perniciosi protagonisti de La malattia del sangue. Se il primo e più ovvio richiamo letterario è quello al Dracula di Bram Stoker, è opportuno citare altre due opere gotiche più antiche e sicuramente presenti nell’immaginario letterario di McGrath.
La prima è Il Vampiro di John Polidori, l’ingiustamente meno ricordato protagonista della celebre notte di Villa Diodati – quella che diede la scintilla per la genesi della Frankenstein di Mary Shelley – il primo a superare la semplice immagine di vampiro come mostruoso non morto che ritorna, derivata dal folklore e dalla mitologia slava (un testo rappresentativo in tal senso è La famiglia del vurdalak di A. K. Tolstoj) e a rappresentare un vampiro nel senso moderno del termine, quello di un aristocratico parassita affascinante e ammaliatore.
Il secondo libro è, invece, Carmilla, primo caso letterario di donna vampiro e il cui autore è così un punto di riferimento nella formazione di McGrath scrittore da averci dedicato un saggio e da dare il nome al caffè, il Café LeFanu appunto, in cui avvengono le inquietanti visioni con protagonisti Freud e Rank che sconvolgono la mente del critico d’arte protagonista di un altro racconto della raccolta, Lo spiedo.
Anche nelle ambientazioni a molte delle sue storie McGrath attinge largamente al gotico. Si va così dal Ravengloom, il college che fa da sfondo al racconto Ambrose Syme e che viene descritto come un tipico edificio medievale – in cui la caduta all’inferno di un presunto impeccabile uomo di chiesa non può che richiamare alla mente Il monaco di M.G. Lewis, forse il romanzo gotico per eccellenza – fino alle ville e alle tenute aristocratiche di campagna in cui si consuma, o si è consumato, un decadimento familiare, come succede nei racconti Acqua e sangue e Lungo il Rift.



Leggendo Marmilion, invece, se da un lato le cupe e angoscianti sensazioni provate dalla protagonista, chiusa in una casa colonica abbandonata e intenta a ricostruire la misteriosa fine della nobile famiglia che vi abitava, rimandano al celebre racconto del già citato Stoker La casa del giudice, dall’altro risulta palese come l’intera narrazione voglia essere un rifacimento – e forse un omaggio – de Il barile di Amontillado di Edgar Allan Poe.
D’altra parte, è proprio il fondatore del gotico americano, del quale McGrath stesso si definisce un "avido lettore"
Se si considera il racconto L’odore, ad esempio, la sensazione che diventa un’ossessione legata a un presunto odore sgradevole proveniente da una stanza che il protagonista ha sempre tenuto chiusa, fino alla scioccante scoperta di essere lui stesso l’origine e l’unico destinatario di quel tanfo, riporta alla mente il folle e disperato urlo finale del protagonista de Il cuore rivelatore:
"Miserabili! Gridai, non fingete più! Confesso! strappate quelle tavole! È là! È il battito del suo orribile cuore!".

Perché, per l’autore, con le proprie paure, i propri demoni e i propri fantasmi – mentali o fisici che siano – bisogna imparare a conviverci razionalmente, accettando e riconoscendo il loro carattere di realtà.