Nei tempi che stiamo vivendo, con una pandemia che ha sconvolto il mondo intero e una guerra che ci ha riportato a scenari che pensavamo di aver dimenticato, sono venuti fuori prepotentemente concetti come vulnerabilità e fragilità umana, con il quale fatichiamo a relazionarci; la nostra società vuole, infatti, sempre più costruire un modello di vita ultra-competitivo, dove le debolezze non sono ammesse. Ma la fragilità fa parte di noi, della nostra natura umana e negarla significa negare un pezzo di noi, per questo dovremmo riconoscerne il valore e cercare di valorizzarla, mostrandola con calore ed empatia e facendo nostro un concetto che va molto di moda oggi, quello di resilienza.Eugenio Borgna, noto psichiatra e docente, nel suo La fragilità che è in noi, traccia un quadro chiaro della fenomenologia e della genesi delle esperienze umane di fragilità che sono presenti nella condizione di ciascuno di noi, descrivendo le loro molteplici forme di espressione e sottraendo, così, la fragilità alle ombre, alle diffidenze e talora al disprezzo, con cui tende a essere considerata e giudicata.
Nella fragilità, continua Borgna, si nascondono valori di gentilezza, sensibilità e delicatezza che consentono di immedesimarci con più facilità e con più passione negli stati d’animo e nelle emozioni degli altri.
In letteratura ci sono due esempi famosissimi che vengono spesso citati quando si fa riferimento a debolezze umane e inadeguatezza di vivere in questo mondo.
Il primo è Giacomo Leopardi, che condusse una vita costellata di difficoltà sia fisiche che morali, che nel suo Pensieri annota: “il mondo è una lega di birbanti contro gli uomini da bene, e di vili contro i generosi”.
L’altro grande esempio è Franz Kafka, che visse costantemente con il pensiero di sentirsi inadeguato, schiacciato dalle oppressioni della sua famiglia e nel suo capolavoro Le metamorfosi ci parla proprio di come la società imponga rigide regole a cui attenersi per essere considerati uomini.
Francesca Mannocchi, reporter spesso inviata in zone di guerra, nel suo Bianco è il colore del danno ci racconta come la scoperta di una malattia cronica diventi lo specchio della fragilità umana e, insieme, dell'inarrestabile pulsione di vita.
Negli intensi capitoli del libro si parla di come la malattia cambi la visione della vita, dell’essere figlia, madre, compagna e cittadina e di come il mondo intorno ci guardi e ci giudichi.
Questa esperienza ha portato la Mannocchi ha conoscere il Paese attraverso le maglie della sanità pubblica, il rivendicare bisogni, diritti e desideri di chi vive la condizione di malato, raccontandolo con onestà e coraggio.
Peter Cameron, nel suo Un giorno questo dolore ti sarà utile, ci racconta di James, diciottenne che vive una vita piena di difficoltà, paure e fragilità.
Figlio di genitori separati, madre sentimentalmente instabile e padre assente dedito più al suo aspetto estetico che al rapporto col figlio, non è difficile immaginare come questa situazione familiare produca in James gravi difficoltà, portandolo a sentirsi un disadattato.
Sarà il rapporto con l’amata nonna Nanette, l’unica figura familiare positiva, a portare speranza e fiducia nell’animo del ragazzo.C.S.Lewis, conosciuto ai più per il bestseller Le cronache di Narnia, racconta nel suo Diario di un dolore la perdita dell’amata moglie.
Attraverso una sorprendente lucidità e senza nessuna sorta di compatimento, ci svela tutti i segreti dell’animo che spesso non vogliamo riconoscere.
Si passerà, dunque, dall’iniziale rabbia e dolore per la scomparsa di H., come verrà sempre nominata la moglie, alla presa di coscienza che Lewis successivamente cercherà di trovare attraverso le sue interrogazioni; un modo, questo, per anestetizzare il mancamento dovuto al vuoto che si è venuto a creare.
La letteratura testimonia come non ci sia nulla di male nel mostrarsi fragile o nel riconoscere le proprie debolezze e, anzi, la loro ammissione e la consapevolezza di esse garantirà una vita migliore con sé stessi e con gli altri.