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RAGAZZI CHE NOVITA'!

RAGAZZI CHE NOVITA'! RAGAZZI CHE NOVITA'!
RAGAZZI CHE NOVITA'!
















Oggi c’è una novità! Inauguriamo un nuovo appuntamento che speriamo possiate gradire. In ognuno vi accompagneremo idealmente nel reparto ragazzi della nostra libreria e vi mostreremo le novità che, per diverse ragioni, riteniamo interessante presentarvi. Come una sbirciata alla vetrina che vi permetterà di orientarvi più facilmente nel vasto mondo dell’editoria per ragazzi, in cui non mancheranno inoltre percorsi tematici e approfondimenti. Li sfoglieremo per voi e li leggeremo, e chissà che possiate trovare la stessa magia che ci accompagna quotidianamente tra gli scaffali.
In particolare oggi vi proponiamo tutte letture che abbracciano la fascia d’età degli 8-12 anni di autori italiani che abbiamo già conosciuto e letto, nomi già molto noti ed apprezzati da adulti e ragazzi.

Ed è infatti Giuseppe Festa, che abbiamo imparato a conoscere con Il passaggio dell’orso sempre edito da Salani, ad aprire questa nuova carrellata. I lucci della via lago, scritto durante il lockdown e ispirato a vicende realmente vissute durante l’infanzia dall’autore, ci immerge nel 1982, nell’estate calda dei mondiali, in cui Mauri e i suoi amici, come ogni anno, si ritrovano al lago, precisamente il lago d’Iseo, a trascorrere i lenti giorni lontani da scuola. A rompere e segnare tragicamente i giochi in piazza, le gare di nuoto e le partite di pallone in piazza sarà il dolore della perdita del migliore amico di Mauri, Brando, che, nel tentativo di pescare un enorme pesce, il leggendario persico trota Pinna Mozza, finirà nelle acque profonde del lago per non riemergere più. Ma in questo romanzo di formazione, in cui si intrecciano avventura e sentimenti, un mistero inquietante si accompagna alla comparsa di biglietti scritti nella grafia di Brando. E così dubbi e sospetti si allungano sulle amicizie di sempre e sui nuovi amori sbocciati. Un’estate che segnerà il confine tra adolescenza ed età adulta e darà risposte significative ai temi della vita.




 


La fine della scuola, il passaggio degli esami, e l’amicizia sono il filo conduttore che ci porta alla prossima lettura. Ritroviamo Ernesto, protagonista già del primo libro di Stefano Tofani Sette abbracci e tieni il resto, che, preso dal misurare i colori del cielo con un curioso strumento, il cianometro, di cui Rizzoli ne omaggia un esemplare, si ritrova presto coinvolto in un’avventura senza pari. Una valigia misteriosa ritrovata nella pineta, due statuette di legno che sembrano attrarsi in una forza inspiegabile, un libro, una chiave. Tutti elementi legati ad una leggenda di due innamorati vissuti nel ‘700 necessari a trasformare l’estate in un’esperienza indimenticabile e che, con ironia e leggerezza, annunciano la promessa di un cielo più azzurro, in cui le nuvole della vita presto si dissolvono.


Anna Vivarelli e Nadia Terranova eleggono il bosco e la collina a cornice delle loro storie, due contesti naturali che hanno un che di incantevole, di meraviglioso. Scopriremo però che la vera magia sta negli occhi delle due bambine protagoniste. Esistenze in bilico che trovano un nuovo equilibrio famigliare capace di alleggerire il dolore dell’abbandono e della perdita, di costruire con spontaneità e delicatezza una rete in grado di superare le infelicità della vita. Una nonna, un padre e amicizie speciali che, in entrambi i racconti, intrecciano storie sospese tra sogno e realtà, amore e confidenze. Chiudere i ‘baci rotti’ in un barattolo e chiuderlo forte, raccontare sussurrando i propri segreti alla terra e consegnarli ad una piccola buca scavata nel giardino, sono solo alcuni rimedi suggeriti dalla penna di Nadia Terranova e illustrati splendidamente nelle tavole di Mara Cerri. Una piccola casetta mobile nella pineta, sembrerebbe presa in prestito da una fata, la nuova soluzione che Anna Vivarelli immagina come ideale per ricostruire un nuovo capitolo di vita con un papà che, attraverso il gioco e la complicità, trasforma la realtà più difficile in qualcosa di sorprendentemente entusiasmante.

Fu in una notte di luna piena, senza luce di nessun'altra stella, che notai che sul collo di nonna c'era un neo luminoso. Anche se dormivamo insieme da un pò, non lo avevo mai visto prima. Forse la luna lo aveva appena posato sulla sua pelle, sembrava uno dei suoi crateri; forse invece era già lì e una delle ombre amiche di nonna lo avevano acceso, come si fa con una lampada. Da allora, a ogni plenilunio, il piccolo cratere si riaccendeva e mi svegliava, mentre nonna continuava a dormire e il suo respiro si accordava con il vento. Mi chiedevo se sapesse di averlo, lei che non si guardava mai allo specchio. Una mattina, a colazione, glielo confessai: "Un pò di tempo fa ti è caduto sul collo uno dei crateri della luna". Lei mi rispose tranquilla: "Dici? I bambini vedono cose che i grandi non vedono".

Un libro di cui ci siamo letteralmente innamorati è La notte delle malombre, una storia singolarmente confezionata da Manlio Castagna ed edita da Mondadori. Una lettura capace non solo di tenere sospesi, di mescolare realtà storica, finizione narrativa ed elementi sovrannaturali, ma soprattutto di scuotere le coscienze. Il racconto di un capitolo sconvolgente e tragico della storia d’Italia, il più grave disastro ferroviario italiano che, nel computo delle vittime di un paese già flagellato dalla guerra, finì per essere dimenticato. Con una prosa alta e ricercata e una dimestichezza a trattare i dialetti campani, rendendoci vive e vere le voci del tempo, l’autore ci presenta i tre ragazzi protagonisti i cui destini convergeranno proprio su quel treno merci 8017 che, partito da Napoli e diretto a Potenza, la notte del 3 marzo 1944 venne ritrovato invece nel mezzo della Galleria ‘Delle Armi’ in prossimità della stazione di Balvano. Alle loro sorti l’autore intesserà quelle delle malombre, presenze che, secondo la leggenda, annunciano la morte a chi sa scorgerle e riconoscerle.
Morti per asfissia nella galleria, le vittime anonime erano perlopiù clandestini. Mossi da disperazione e dalla fame erano disposti a tentare di tutto, spinti dalla speranza di sopravvivere, di cercare bottino, di riunire le famiglie o di scambiare i pochi beni in proprio possesso in cambio di cibo. Affrontando un viaggio lungo e allo stremo delle forze, nell’impegno di raggiungere l’entroterra campano, le montagne e le campagne lucane, pagarono il caro prezzo della vita e persero la propria identità proprio su quel treno merci. A Manlio Castagna il merito di aver ha avuto il coraggio di sollevare il velo del tempo e strappare all'oblio un pezzo di storia italiana che non va dimenticata ma raccontata e ricordata. Una lettura sì adatta a ragazzi ma che ci verrebbe di consigliare anche ad un pubblico adulto.



Il 26 aprile di questo anno si è celebrato il 35° anniversario del più grande disastro nucleare del XX secolo, Chernobyl. Cosa di meglio se non un libro per raccontare ai ragazzi di oggi quale terribile evento sia stato e quanto abbia segnato e continui a condizionare l’esistenza di innumerevoli vite, soprattutto bambini? La nube tossica sprigionatasi dal reattore sovietico a seguito dell’incidente verificatosi nella centrale nucleare contaminò terre e acque con effetti così devastanti da generare in loro ritardi nella crescita, non solo fisica. I più, orfani, si trovano costretti, ancora oggi, ad affrontare veri e propri viaggi di speranza, brevi soggiorni estivi o invernali accolti da famiglie di paesi lontani che nel tempo, grazie a visite e cure specialistiche e ad un ambiente più salubre, riescono miracolosamente a migliorarsi nel fisico e nel carattere. Ed è proprio da questa realtà che ha inizio il nuovo romanzo di Nicoletta Bortolotti, Quelle in cielo non erano stelle edito sempre da Mondadori.

“Il 26 aprile di questo 2021 si celebrerà il 35° anniversario di Chernobyl. Quando esplose la centrale nucleare, in realtà non a Chernobyl ma nella vicina Pripyat, andavo al liceo. Non possiedo nitidi ricordi dell’accaduto. Ma ricordo le manifestazioni studentesche contro il nucleare in Italia e in Europa. La vicenda che ripiegò i confini del tempo, proprio come era avvenuto per le abitazioni di numerosi contadini ucraini e bielorussi, venne interrata nei segreti archivi dell’immaginario. E dell’ex Unione Sovietica.
Nella stesura di questo racconto, ho tentato di offrire alla vicenda una prospettiva singolare e italiana: quella dell’accoglienza dei bambini ucraini e bielorussi, i “bambini di Chernobyl”, nel nostro Paese. Fra i primi al mondo per numero di piccoli ospitati nei cosiddetti “soggiorni benessere”. “Quelle in cielo non erano stelle” narra di Vassilissa, una bambina ucraina, che viene accolta da una famiglia italiana. E di Omar, figlio dei genitori ospitanti, che dapprima con timore poi con entusiasmo si lascia “contagiare” da una lingua differente e universale: l’amicizia. Si svolge tra la foresta lombarda del Parco delle Groane, residuo di antichi boschi, e la foresta rossa di Chernobyl che, paradossalmente, nonostante sia stata dichiarata zona di alienazione, è diventata un’area di biodiversità dove la natura è potuta rifiorire. Due foreste, dunque, che si camminano accanto. E tre voci narranti: di una volpe, della nube radioattiva che tutto vede e commenta dall’alto, e di Omar. E’ un romanzo d’avventura, perché i ragazzi, nella foresta, vivranno un’inimmaginabile avventura. “Adventura”: le cose che verranno. E che lasceranno ricordare un futuro. Inimmaginabile.”

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