Libri di C. Cenedella
Istituti di assistenza, biblioteche e archivi: un trinomio caratteristico. Conservare e promuovere
editore: Vita e pensiero
pagine: 198
Gli Istituti assistenziali, in particolare gli enti dedicati al ricovero dei minori, e le loro biblioteche rappresentano un tema particolare e molto settoriale, che sino ad ora ha visto un interesse circoscritto e non molto indagato, al contrario delle esplorazioni condotte sulla letteratura scolastica, la funzione pedagogica della letteratura e le biblioteche degli istituti di istruzione. Spesso le biblioteche degli enti di assistenza sono state oggetto di dispersione e di scarsa attenzione conservativa, per la semplice ragione legata all'invecchiamento 'veloce' delle edizioni custodite; a volte, oggetto di 'epurazione' insieme alle biblioteche, furono anche quelle parti degli archivi più strettamente legate alle funzioni educative, facendo perdere così allo studioso le tracce del legame tra le scelte pedagogiche attuate e la letteratura per l'infanzia proposta. Il volume raccoglie gli interventi di una giornata di studio, focalizzando l'attenzione su talune biblioteche conservatesi, da quella dell'orfanotrofio milanese dei Martinitt, a quella degli istituti dell'Annunziata di Napoli. In particolare si è inteso mettere in luce le diversificate potenzialità di ricerca insite in questo particolare bene culturale, la biblioteca, in stretto e inscindibile legame con gli archivi, i cui documenti ne possono narrare la storia.
Oltre l'assistenza. Lavoro e formazione professionale negli istituti per l'infanzia «irregolare» in Italia tra Sette e Novecento
editore: Vita e pensiero
pagine: 348
Il lavoro manuale è presente spesso nella storia degli istituti per minori, dagli orfanotrofi alle case per bambini e ragazzi abbandonati e 'derelitti', come modalità di impiego disciplinato degli ospiti e anche a beneficio dei bilanci dell'ente. Dal Sette-Ottocento il lavoro assunse gradualmente finalità nuove e lo scopo 'industriale' di laboratori e officine degli enti assistenziali si venne riducendo, mentre ci si propose - anche nel confronto con esperienze e modelli stranieri - una vera formazione professionale. Questa era diretta non solo a permettere l'apprendimento di un mestiere manuale e facilitare il collocamento lavorativo, obiettivi che pure restavano tra gli scopi degli istituti; ma anche a valorizzare le attitudini e i talenti dei giovani assistiti e dare loro maggiori opportunità mediante una buona qualificazione professionale. Le esperienze e le immagini contenute nel volume raccontano di scuole-officina volte a formare sarte e sarti, calzolai, falegnami-ebanisti, meccanici ecc., di navi asilo, di colonie agricole e di corsi professionali nei riformatori. Già prima che il lavoro dei minori fosse vietato per legge in Italia, in vari enti il lavoro degli allievi fu accantonato e gli istituti si orientarono ad ampliare l'istruzione degli alunni e a potenziarne le opportunità mediante la formazione professionale. Un processo che, muovendo dall'infanzia povera e 'irregolare', contribuì all'affermazione di un sentimento dell'infanzia...
Fonti del sapere. Didattica ed educazione al patrimonio culturale
editore: Virtuosa-mente
pagine: 316
Gli autori dei saggi che compongono il volume presentano e interrogano diverse fonti del sapere, restituendone i caratteri distintivi, sottolineando nel contempo la valenza e le potenzialità educativo-didattiche. L'universo sensibile e variegato delle fonti è indagato senza alcuna ambizione "enciclopedica"; sono proposti percorsi ed esperienze di apprendimento e formazione, evidenziandone gli snodi, le metodologie, gli strumenti adottati. La pubblicazione intende essere un concreto ausilio a tutti coloro - docenti, ricercatori, studenti - che affrontano questo tema. Una "buona" didattica delle fonti, delle testimonianze che compongono il tessuto complesso dei nostri beni patrimoniali, sa mettere in atto la traduzione dei saperi esperti (sovente di difficile comprensione), così da renderli accessibili e dunque vicini, attuali. Il cittadino - di diverse appartenenze generazionali e culturali - non è più destinatario passivo e privo di chiavi di conoscenza, ma può divenire interlocutore sensibile della "vita fragile" del patrimonio culturale.