Johan & levi: Saggi d'arte
Il paradigma dell'arte contemporanea. Strutture di una rivoluzione artistica
di Nathalie Heinich
editore: Johan & levi
pagine: 272
In un articolo del 1999 Nathalie Heinich proponeva di considerare l'arte contemporanea come un "genere" dell'arte, con precise
Il quadro che mi manca
di Giorgio Soavi
editore: Johan & levi
pagine: 320
Un'avidità famelica accompagna lo sguardo di Giorgio Soavi nelle sue ricognizioni artistiche
Il Novecento di Baudelaire. L'arte evanescente
di Adolfo Tura
editore: Johan & levi
pagine: 120
Fulcro di questo saggio è una particolare evoluzione della pittura a partire da quella modernità che Charles Baudelaire ha con
Lo strano posto della religione nell'arte contemporanea
di James Elkins
editore: Johan & levi
pagine: 160
A chi ama l'arte non sarà sfuggito un fatto tanto eclatante quanto poco dibattuto: l'assenza nelle gallerie e nei musei di art
One day we must meet. Le sfide dell'arte e dell'architettura italiane in America (1933-1941)
di Sergio Cortesini
editore: Johan & levi
pagine: 325
Ottobre 1937
Duchamp oltre la fotografia. Strategie dell'infrasottile
di Elio Grazioli
editore: Johan & levi
pagine: 88
Fin dagli esordi Duchamp ha intrecciato con la fotografia un rapporto fecondo che ha attraversato la sua opera a più livelli,
Cacciatori d'arte. I mercanti di ieri e di oggi
di Yann Kerlau
editore: Johan & levi
pagine: 250
Visionari, uomini d'affari, spericolati avventurieri con il pallino dell'arte e un'infatuazione infantile per il rischio. Stanare i van Gogh di domani è l'ossessione che da sempre spinge i mercanti più intrepidi a battere strade ignote rastrellando studi e scommettendo tutto su pittori incompresi o troppo in anticipo sui tempi. In anni recenti, tuttavia, la truffa dei falsi che ha mandato alla rovina una delle più rispettabili gallerie newyorkesi, Knoedler, ha messo allo scoperto il marcio di una professione che può presto degenerare in becera speculazione. Yann Kerlau narra la folgorante ascesa e le alterne vicende di alcuni fra i più celebri cacciatori di artisti dall'Ottocento ai giorni nostri: dal primo fervido sostenitore degli impressionisti, Théodore Duret, fautore di quel giapponismo cui Gauguin, van Gogh e Monet saranno tanto debitori, a Paul Durand-Ruel, che poco dopo spalanca ai "rifiutati" le porte del mercato americano; da un fuoriclasse nella tattica delle vendite come l'indolente Ambroise Vollard, allo scaltro Daniel-Henry Kahnweiler, divenuto il mercante di Picasso nonostante un esordio poco promettente, fino all'eccentrica Peggy Cuggenheim, l'ereditiera americana che con l'aiuto di consiglieri d'eccellenza scova gli artisti più all'avanguardia per la sua galleria newyorkese. Giunti ormai ai giorni nostri, è il turno di un pubblicitario consumato come Charles Saatchi, approdato all'olimpo dell'arte elevando l'artista a marchio di fabbrica...
L'arte non evolve. L'universo immobile di Gino De Dominicis
di Guercio Gabriele
editore: Johan & levi
pagine: 128
Priva di radici accertabili, sganciata dalla sequenzialità di un prima e un dopo, l'opera d'arte abbatte le barriere del tempo
I primitivi traditi. L'arte dei "selvaggi" e la presunzione occidentale
di Sally Price
editore: Johan & levi
pagine: 191
Di che cosa parliamo quando parliamo di "arte primitiva"? Quali parametri usiamo per definire e valutare manufatti che, un po' come gli africani durante la tratta degli schiavi, sono stati catturati, strappati via dal loro tessuto socio-culturale di origine, trapiantati in terre ignote e riproposti in nuovi contesti per soddisfare le esigenze economiche, ideologiche e culturali di un'elite colta? Sally Price attinge a una varietà di fonti - la pubblicità della moda e i film, l'antropologia e i fumetti - per guidarci in un'indagine attorno all'arte tribale e ai malintesi che la accompagnano in Occidente, dove l'osservatore "civilizzato" si accosta alle culture remote per mezzo di una fitta rete di preconcetti, convinto, il più delle volte, che i loro prodotti siano l'esito di pulsioni irrazionali sorrette da dinamiche sociali e riti religiosi oscuri. L'antica contrapposizione tra oggetto etnografico e opera d'arte - insieme a quella tra selvaggio e civile - viene qui gettata alle ortiche man mano che si fa luce sull'oscurità che avvolge gli artisti primitivi, fino a invalidare l'idea corrente che questi operino nell'anonimato mentre il culto dell'espressione individuale sarebbe appannaggio esclusivo dei "nostri" artisti. Equivoco, quest'ultimo, che ha contribuito a ratificare il processo di disumanizzazione dell'arte primitiva: ovvero il completo disconoscimento dell'ambiente intellettuale dal quale tali oggetti provengono.
L'arte nello spazio urbano. L'esperienza italiana dal 1968 a oggi
di Alessandra Pioselli
editore: Johan & levi
pagine: 218
Arte pubblica: termine che evoca esperienze molto diverse fra loro, dalle operazioni politiche ad altre più ludiche, progetti di trasformazione effimera di luoghi e paesaggi, azioni partecipative, piccoli gesti quotidiani portati all'aperto, forme di esplorazione attiva dei territori. Ma qual è stata la via italiana a questa pratica artistica? Gli artisti hanno seguito molteplici strade, reinventando il rapporto con lo spazio e con il pubblico all'interno della dimensione urbana. Alessandra Pioselli sceglie come punto di partenza il 1968, con il suo peculiare bagaglio critico ed espressivo, e lo colloca sullo sfondo delle vicende politiche ed economiche italiane. Gli artisti escono nella città, contestano, ironizzano, si calano nel sociale e si fanno voce di un'incalzante energia collettiva. Dai temi della lotta per la casa e per il lavoro discende una mappatura fatta di luoghi forse periferici ma nevralgici, di azioni militanti e di riletture "altre" del concetto di bene culturale. Lungo gli anni settanta, poi, il ruolo di animatori quali Enrico Crispolti, Riccardo Dalisi, Ugo La Pietra e altri fa da contrappunto a quello di gruppi come il Collettivo Autonomo di Porta Ticinese o il Laboratorio di Comunicazione Militante a Milano, che declinano in chiave non autoriale il tema della protesta e della militanza: la scultura ambientale si diffonde con una rinnovata funzione civica. Tramontata la stagione della partecipazione popolare, con gli anni ottanta il fronte si frantuma e si differenzia...
Hybris. La fabbrica del mostro nell'arte moderna. Omuncoli, giganti e acefali
di Clair Jean
editore: Johan & levi
pagine: 165
Un tempo eccezione e curiosità, il mostruoso è diventato un oggetto comune dell'esperienza e ha finito per invadere tutto con
Un desiderio ardente. Alle origini della fotografia
di Geoffrey Batchen
editore: Johan & levi
pagine: 255
Prima ancora che come tecnologia, la fotografia si manifesta agli esordi come "desiderio" di fissare le immagini prodotte nella camera obscura. Un desiderio già attestato in Dürer e ben radicato nel mito originario dell'arte, ma avvertito con forza crescente tra il tardo Settecento e l'inizio dell'Ottocento quando, nell'ambito della ridefinizione romantica di spazio, tempo e soggettività, emergono le condizioni che renderanno possibili le prime realizzazioni concrete del procedimento fotografico e la nascita "ufficiale" del medium. Un'invenzione preannunciata da secoli di complesso rapporto tra arte e realtà, ma che è di fatto il prodotto di un contesto estetico, sociale e culturale. L'incentivo della modernità industrializzata, con il suo investimento nella logica della produzione di massa, mette in moto le ricerche di scienziati, sperimentatori e artisti di paesi e culture diversi culminate poi nelle creazioni di Talbot, Niépce, Daguerre, Bayard e degli altri protofotografi mossi, in parallelo e in contemporanea, dal desiderio di trattenere con ogni mezzo i "disegni della natura". "Un desiderio ardente" è una meditazione sulla questione delle origini della fotografia oltre che sulla sua identità: ispirato dalla genealogia di Foucault e dalla decostruzione di Derrida, Batchen ne riscrive la storia da un punto di vista nuovo.