Libri di Goffredo Fofi
Per Pasolini
di Goffredo Fofi
editore: La nave di teseo
pagine: 192
"È con Pasolini che ho 'litigato' di più", scrive Goffredo Fofi, "è da lui che mi sono sentito più provocato, chiamato in caus
Elogio della disobbedienza civile
di Goffredo Fofi
editore: Nottetempo
pagine: 96
Qual è la differenza tra disobbedienza civile e nonviolenza? Quando i cittadini hanno il dovere di opporsi a uno Stato ingiust
Cari agli dèi
di Goffredo Fofi
editore: E/O
pagine: 167
Una galleria di indimenticati, giovani che erano pronti a cambiare il mondo, ma di cui una Storia ingiusta ci ha privato tropp
Non mangio niente che abbia gli occhi
di Goffredo Fofi
editore: Contrasto
pagine: 96
"Non è solo per amore delle creature che si diventa vegetariani, e tanto meno per sentirsi orgogliosamente buoni e migliori, m
Son nato scemo e morirò cretino. Scritti 1956-2021
di Goffredo Fofi
editore: Minimum fax
pagine: 512
Dalla Sicilia delle baracche alla Torino del boom, dal Sessantotto agli opachi anni Ottanta, fino all'intervento sociale degli
Fellini anarchico
di Goffredo Fofi
editore: Eleuthera
pagine: 120
Furono per primi due francesi, il critico André Bazin e più tardi lo scrittore Daniel Pennac, a parlare di un «Fellini anarchi
Totò. L'uomo e la maschera
editore: Minimum fax
Questa storia parte da lontano, dal 15 febbraio del 1898, quando nel poverissimo rione Sanità Anna Clemente e Giuseppe - figli
Il secolo dei giovani e il mito di James Dean
di Goffredo Fofi
editore: La nave di teseo
pagine: 160
Gli incauti ed entusiasti studiosi che hanno osato chiamare il Novecento "il secolo dei giovani" non pensavano certamente ai m
L'oppio del popolo
di Goffredo Fofi
editore: Eleuthera
pagine: 166
"Quanti sono gli italiani che vivono di «cultura»? Sono - anzi siamo - milioni, ben piazzati nelle scuole di ogni ordine e gra
Il Paese della sceneggiata
di Goffredo Fofi
editore: Medusa Edizioni
pagine: 99
Per tutto il corso del Novecento, fino agli anni Ottanta e Novanta, la sceneggiata è stata la forma di spettacolo prediletta dal proletariato napoletano e campano, dal cosiddetto sottoproletariato urbano - in realtà proletariato marginale - e dal mondo contadino che, quando era costretto a entrare in città, trovava il suo svago al teatro Duemila o al Trianon, vicini alla stazione ferroviaria e a piazza Garibaldi. Gli spettacoli erano tre al giorno, la mattina alle 11, il pomeriggio alle 6, la sera alle 9 e il programma cambiava di settimana in settimana, e si provava il nuovo copione nell'unica mattina in cui il teatro era chiuso. Come nel teatro dell'Ottocento, la compagnia aveva attori in ruoli fissi: al centro, "isso, essa e 'o malamente" e la coppia comica. La scena era il vicolo, e simili erano le storie narrate: l'innocenza insidiata, i buoni e i cattivi, un vicinato partecipe. Tutto diventava pubblico, tutto tornava strada. Al quinto atto, la canzone che dava il titolo a ogni testo e ne riassumeva vicenda e sentimenti. Ci fu un tempo in cui il popolo produceva la propria cultura, le proprie forme di spettacolo, la propria musica. Aveva gusti e idee propri e non quelli imposti dal potere attraverso comunicazioni di massa artefici di una cultura omologata e massificata. È utile ricordarlo.
L'Italia secondo Fellini
editore: E/O
pagine: 73
A cento anni dalla nascita del grande regista della "Dolce vita", "Amarcord" e altri capolavori, una lunga intervista con Goff
Il cinema del no. Visioni anarchiche della vita e della società
di Goffredo Fofi
editore: Eleuthera
pagine: 108
Se è vero che la grande arte ha sempre in sé qualcosa di anarchico, di critica dell'esistente, di contestazione dell'ordine sociale dato, il cinema ha sempre avuto due anime: quella consolatoria, ovvia, tesa a intorpidire le menti (prevalente), e quella non conciliata, provocatoria, critica del "mondo cosi com'è" (minoritaria). Ed è di quest'ultima che si occupa Fofi, di quel cinema che ha cercato l'oltre e il fondo, che ha esplorato territori e linguaggi capaci di mettere a nudo ogni maschera del potere, ogni cultura dell'accettazione, ogni mercato dell'intelligenza e dell'immaginazione. Tanti gli esempi di questo rapporto diretto o indiretto tra cinema e anarchia che possono essere rintracciati in film e registi sia del passato, a partire da maestri come Vigo e Bunuel, sia del presente, in autori come Kaurismàki, Oshima o Cipri e Maresco. Ne viene fuori un sorprendente affresco che ci dà conto di quell'inesausto filone della sfida e della grazia che continua sotterraneamente ad agire nel cinema del nostro tempo.