Libri di Paolo Rumiz
Canto per Europa
di Paolo Rumiz
editore: Feltrinelli
pagine: 336
Il Continente, imbarbarito e senz'anima, ha dimenticato le sue origini e persino il suo nome
Il veliero sul tetto. Appunti per una clausura
di Paolo Rumiz
editore: Feltrinelli
pagine: 128
Nel vuoto della quarantena, la bora pulisce l'aria, il mondo è sfebbrato, respira
La linea dei mirtilli
di Paolo Rumiz
editore: Bottega errante edizioni
pagine: 320
La riproposta di un testo fondamentale di Paolo Rumiz in una edizione aggiornata che raccoglie tutti i racconti/reportage in u
A piedi
di Paolo Rumiz
editore: Feltrinelli
pagine: 128
"Un mattino di settembre presi il sacco e uscii di casa senza voltarmi indietro
Vento di terra. Istria e Fiume: viaggio tra i Balcani e il Mediterraneo
di Paolo Rumiz
editore: Bottega errante edizioni
Torna in libreria un reportage che racconta l'Istria, Fiume e un confine ancora aspro
A piedi
di Paolo Rumiz
editore: Feltrinelli
pagine: 119
"Un mattino di settembre presi il sacco e uscii di casa senza voltarmi indietro
Appia
di Paolo Rumiz
editore: Feltrinelli
pagine: 362
Paolo Rumiz ha percorso a piedi, con un manipolo di amici, la prima grande via europea, l'Appia, e ce ne riconsegna l'itinerar
La regina del silenzio
di Paolo Rumiz
editore: La nave di teseo
pagine: 144
Il malvagio re Urdal scende da Nord, invade col suo esercito la pianura dei Burjaki e proibisce loro ogni forma di musica
Il ciclope
di Paolo Rumiz
editore: Feltrinelli
pagine: 149
Un'isola uncinata al cielo con le sue rocce plutoniche, attracco difficile, fuori dai tracciati turistici, dove buca il cielo un faro tuttora decisivo per le rotte che legano Oriente e Occidente. Paolo Rumiz, viandante senza pace, va a dividere lo spazio con l'uomo del faro, con i suoi animali domestici: si attiene alle consuetudini di tanta operosa solitudine, spia l'orizzonte, si arrende all'instabilità degli elementi, legge la volta celeste. Gli succede di ascoltare notizie dal mondo, e sono notizie che spogliano l'eremo dei suoi privilegi e fanno del mare, anche di quel mare apparentemente felice, una frontiera, una trincea. Il faro sembra fondersi con il passato mitologico, austero Ciclope si leva col suo unico occhio, veglia nella notte, agita l'intimità della memoria (come non leggere la presenza familiare della Lanterna di Trieste), richiama, sommando in sé il "gesto" comune delle lighthouse che in tutto il mondo hanno continuato a segnare la via, le dinastie dei guardiani e delle loro mogli (il governo dei mari è legato all'anima corsara delle donne), ma soprattutto apre le porte della percezione. Nell'isola del faro si impara a decrittare l'arrivo di una tempesta, ad ascoltare il vento, a convivere con gli uccelli, a discorrere di abissi, a riconoscere le mappe smemoranti del nuovo turismo da crociera e i segni che allarmano dei nuovi migranti, a trovare la fraternità silenziosa di un pasto frugale.
Come cavalli che dormono in piedi
di Paolo Rumiz
editore: Feltrinelli
pagine: 266
Nell'agosto del 1914, più di centomila trentini e giuliani vanno a combattere per l'Impero austroungarico, di cui sono ancora sudditi. Muovono verso il fronte russo quando ancora ci si illude che "prima che le foglie cadano" il conflitto sarà finito. Invece non finisce. E quando come un'epidemia si propaga in tutta Europa, il fronte orientale scivola nell'oblio, schiacciato dall'epopea di Verdun e del Piave. Ma soprattutto sembra essere cassato, censurato dal presente e dal centenario della guerra mondiale, come se a quel fronte e a quei soldati fosse negato lo spessore monumentale della memoria. Paolo Rumiz comincia da lì, da quella rimozione e da un nonno in montura austroungarica. E da lì continua in forma di viaggio verso la Galizia, la terra di Bruno Schulz e Joseph Roth, mitica frontiera dell'Impero austroungarico, oggi compresa fra Polonia e Ucraina. Alla celebrazione Rumiz contrappone l'evocazione di quelle figure ancestrali, in un'omerica discesa nell'Ade, con un rito che consuma libagioni e accende di piccole luci prati e foreste, e attende risposta e respira pietà - la compassione che lega finalmente in una sola voce il silenzio di Redipuglia ai bisbigli dei cimiteri galiziani coperti di mirtilli. L'Europa è lì, sembra suggerire l'autore, in quella riconciliazione con i morti che sono i veri vivi, gli unici depositari di senso di un'unione che già allora poteva nascere e oggi forse non è ancora cominciata.