Libri di Sisto Dalla Palma
La scena dei mutamenti
di Sisto Dalla Palma
editore: Vita e pensiero
pagine: 144
La società dello spettacolo amplifica gli orizzonti dell’immaginario collettivo e trasforma le relazioni umane entro le grandi reti del consumo culturale di massa, con la seduttività dei suoi feticci e delle sue illusioni. Il destino del teatro non può affermarsi che in una aperta difformità da queste tendenze. Ma, come diceva Jouvet, «un nuovo ordine teatrale è possibile solamente grazie a un lungo disordine».
Ciò esige la ripresa di una coscienza utopica, che si confronti con la genesi del gioco, del rito e del teatro, con le ragioni profonde della poesia, riprendendo anche il contatto con i processi collettivi e con l’orizzonte della città in particolare.
A una drammaturgia comunitaria sono necessari dei radicamenti stabili in un territorio per ricreare una cultura di gruppo, in grado di costruire nuove relazioni e una ricchezza di scambi simbolici che si sviluppi in un riordinato orizzonte antropologico. Questo comporta un’inversione di tendenze, che smobiliti apparati ed egemonie dello spettacolo, per dare spazio a piccoli gruppi e a una rete istituzionale capace di garantire le forme di una teatralità diffusa.
La rifondazione del teatro esige che si torni a pensare la scena come luogo di forti intenzionalità etiche, civili, artistiche, muovendo dalla decostruzione di sistemi storicamente dati, come orditura di forme e di convenzioni chiuse. Occorre perciò mettere in questione lo statuto della rappresentazione ed esplorare nuovi modelli performativi, aperti a trasformazioni reali di poetiche e di linguaggi, a più articolate strategie educative, in un fervido dialogo tra culture artistiche e comunità di appartenenza.
Il teatro e gli orizzonti del sacro
di Sisto Dalla Palma
editore: Vita e pensiero
pagine: 192
In un momento di crisi del teatro, occorre pensare la scena in un luogo delle origini, a cercarvi un supplemento di senso che non aiuti solo a spiegare la genesi del teatro, ma fornisca indicazioni e modelli per una ripresa di iniziativa che protegga il teatro dalla deriva del senso.
Le riflessioni qui raccolte e sviluppate nell’arco di tanti anni, muovono dalle grandi matrici rituali del mondo antico, in cui la scena è il luogo dell’apparizione di Dio e poi della sua illustrazione e commento, del confronto col sacro sino al suo occultamento. Le matrici mitico-rituali costituiscono un sistema complesso, che organizza le relazioni sociali, protegge dal divenire della storia e le conferisce un senso. Le forti intenzionalità collettive presenti nelle strutture di festa, sono declinate nel corso del tempo in orizzonti prima religiosi, poi mondani e laici sino alla cancellazione e dispersione in atto nel nostro tempo.
La dimensione della comunità è sempre sullo sfondo di questi ragionamenti, sia che riverberi nella condizione sofferta e affascinante dell’attore che si offre al coro come geroglifico vivente, sia che essa si manifesti come origine e fine di ogni rappresentazione nelle singolari traversate della scrittura operate da Dante, Manzoni, Bernanos: è questo un itinerario teatrale tutto mentale che si situa al vertice di un discorso, la cui polarità avversa è testimoniata da Artaud, che riapre il discorso sull’essenza della rappresentazione. La dialettica tra persona e comunità diventa così l’istanza ineludibile di una drammaturgia che cerchi di riprendere il colloquio col sacro, come nella lotta notturna di Giacobbe con l’angelo.