Libri di Vitaliano Trevisan
Aberrazioni e prospettive. Narrazioni e saggi di architettura
di Vitaliano Trevisan
editore: Oligo
pagine: 108
Un architetto olandese che impara l'italiano sui trattati di Palladio e Scamozzi
Trilogia di Thomas: Un mondo meraviglioso-I quindicimila passi-Il ponte
di Vitaliano Trevisan
editore: Einaudi
pagine: 408
Thomas, una delle figure più coerenti e riuscite che la letteratura italiana abbia offerto negli ultimi decenni: in un unico v
Black Tulips
di Vitaliano Trevisan
editore: Einaudi
pagine: 232
«Scrivere, per quanto atto privo di speranza, o forse proprio per questo, significa aver fede»
Billy Budd, Billy Budd. An inside reading
di Vitaliano Trevisan
editore: Oligo
pagine: 48
Vitaliano Trevisan compose questo saggio (finora rimasto inedito) sull'ultimo testo di Melville nel 2004, l'anno in cui pubbli
Il ponte. Un crollo
di Vitaliano Trevisan
editore: Einaudi
pagine: 144
«Non c'è niente da fare, pensai, la scrittura ha sempre un conto in sospeso con la morte
Works
di Vitaliano Trevisan
editore: Einaudi
pagine: 704
Con una scrittura originale come un classico pezzo di jazz, in questo romanzo autobiografico Vitaliano Trevisan racconta il la
Una notte in Tunisia
di Vitaliano Trevisan
editore: Einaudi
pagine: 98
Il signor X è un noto politico italiano «in esilio volontario» ad Hammamet. Gravemente ammalato, è stato abbandonato da tutti; sono con lui solo la moglie, l'inseparabile Cecchin (autista, segretario e servo tuttofare) e, ospite inatteso, suo fratello XX, medico venuto a verificare le cartelle cliniche dei medici tunisini, che non lasciano speranze sulla prognosi di X. Il malato ha un carattere difficile, odia tutti e non sopporta nessuno, tranne Cecchin. Odia soprattutto gli italiani che l'hanno tradito e scrive memorie e proclami di rivincita postuma. Ma un sogno e la visita del fratello gli fanno balenare un'idea. Se non ha evitato l'esilio forse, con un'ultima trovata, potrà evitare la morte.
Due monologhi
di Vitaliano Trevisan
editore: Einaudi
pagine: 54
L'ambiguità, la ferocia, la banalità, il dolore, la solitudine. Il teatro di Vitaliano Trevisan dà voce a personaggi forse perversi, talvolta paranoici, ossessionati da una presenza che scompagina la vita (come quella del figlio non voluto in "Oscillazioni") oppure soggiogati da un'assenza traumatica (come quella del compagno suicida in "Solo RPT"). Ma in gioco, in definitiva, ci sono la presenza e l'assenza di sé, il ritrovarsi o il perdersi nelle proprie autorappresentazioni, consolatorie o masochiste che siano. La vena dell'autore è intimamente tragica, ma di un tragico scarnificato, essenziale, senza alcuna enfasi. Con dei finali sospesi, in entrambi i casi, che lasciano aperte delle porte, anzi delle finestre, da cui i personaggi (e gli spettatori metaforicamente) si possono buttare oppure no.
I quindicimila passi. Un resoconto
di Vitaliano Trevisan
editore: Einaudi
pagine: 155
Thomas conta i passi. Da casa alla questura, millecinquantatré passi. Da casa al tabaccaio, settecentonovantuno. Da casa al negozio di alimentari, milleottocentocinquantuno. Conta con una precisione metodica, senza lasciarsi distrarre da niente, gli occhi fissi a terra, un gessetto sempre in tasca per segnare il punto da cui ripartire in caso di una deviazione imprevista. Scandire il numero dei passi lo aiuta a tenere la morte un passo indietro, tra le macchine che gli sfrecciano accanto lungo strade tutte uguali, perché in definitiva la strada è sempre una sola.
Un mondo meraviglioso. Uno standard
di Vitaliano Trevisan
editore: Einaudi
pagine: 147
Nel vorticante monologo di Thomas appaiono squarci di una provincia italiana descritta come il corpo putrescente di un cadavere, si aprono tetri ricordi d'infanzia dove un padre impettito regala al figlio un'insopportabile filosofia di vita che tende a normalizzare la sua follia solitaria, reintegrandola nella più conformistica follia sociale condivisa dagli altri. Thomas è invece l'antieroe moderno che non ci sta, ma che non ha altre armi per esprimere il suo rifiuto oltre la nevrosi e la scrittura.
Works
di Vitaliano Trevisan
editore: Einaudi
pagine: 656
La condanna tutta umana al lavoro inizia per Vitaliano Trevisan a quindici anni, quando una sera a cena chiede al padre una bicicletta nuova, da maschio, perché girare con quella della sorella maggiore significa essere preso in giro dai compagni. Per tutta risposta, il padre lo porta nell'officina di un amico che stampa lamiere per abbeveratoi da uccelli: "Cosí capisci da dove viene", gli dice, alludendo al denaro. Inizia per l'autore una "carriera" che è un succedersi di false partenze: dal manovale al costruttore di barche a vela, dal cameriere al geometra, dal disoccupato al gelataio in Germania, dal magazziniere al portiere di notte, fino allo spaccio di droga e al furto, "un commercio che obbedisce alle stesse fottute regole di mercato". Trevisan racconta gli anni Settanta schiacciati tra politica ed eroina, cui sembra essere sopravvissuto quasi per caso, la storia di un matrimonio e della sua fine, le contraddizioni del mondo della cultura - dove per ironia della sorte la frase piú ripetuta è "non ci sono soldi", la stessa che gli propinava il padre - e la sofferenza psichica, il percorso pieno di deragliamenti di un ragazzo destinato a fare lo scrittore.
Tristissimi giardini
di Vitaliano Trevisan
editore: Laterza
pagine: 138
"Una rotazione completa del tamburo rotante della betoniera intorno al suo asse: su questa unità di tempo è tarato l'orologio degli umani e dei flussi relativi; o viceversa, in fondo la cosa ha poca importanza: animali, vegetali, persone, sentimenti, pensieri, ovvero merci e flussi di merci, e in definitiva tutto ciò che si muove in e per questo territorio, si regola sullo stesso metronomo, 'lavora' con gli stessi secondi, o meglio, nel caso umano, ne ha impressione; ma negli interstizi, nelle pieghe, nei bordi, negli spazi residui, abbandonati, ai margini, fuori dal flusso, un altro tempo lavora e così in ogni caso moriamo. Curioso: i luoghi in cui più intensamente se ne percepisce la presenza sono le fabbriche abbandonate. La prima impressione che si ricava, esplorando questi spazi, è che lì il tempo si sia improvvisamente fermato, ma naturalmente no, non è così, solo non scorre, non fluisce, soggiorna, abita il luogo, ne pervade l'atmosfera, si fa respirare, toccare, pensare, e nel mentre lavora, indifferente, con ostinata determinazione."