La scuola di Pitagora: Feuilles Detachees
Tradire la propria lingua. Intervista con Philippe D. Dracodaïdis
di Emil M. Cioran
editore: La scuola di Pitagora
pagine: 36
"Come si può essere pazzi o poeti nella lingua di Cartesio?", si chiedeva Cioran nel 1956. Quasi trent'anni dopo, intervistato all'Istituto Francese di Atene, egli racconta come il passaggio dalla sregolatezza del romeno alla nitida geometria del francese, sia stato per lui salutare sul piano dello stile, senza tuttavia intaccare la profondità e la sostanza del proprio pensiero. Il dialogo con questo "Giobbe temperato alla scuola dei moralisti" tocca una gamma assai varia di temi: dal riso all'odio di sé, da Caadaev a Weininger, dal culto di Pascal alla fascinazione per il taoismo, offrendoci una preziosa testimonianza, di carattere biografico e meditativo, di una delle figure più affascinanti e controverse del Novecento europeo.
Vivere contro l'evidenza. Intervista con Christian Bussy
editore: La scuola di Pitagora
pagine: 40
Vedere le cose così come sono, nella loro intrinseca vacuità, rende la vita quasi intollerabile, osserva Cioran. Eppure, è proprio quando l'evidenza sembra cospirare contro la vita che la vita, sfuggendo alla mera necessità biologica, assurge a fenomeno straordinario, esercitando tutto il suo irresistibile fascino. Il semplice respirare diventa allora un atto eroico, ed ogni istante si trasforma in un miracolo. Nel 1973, infrangendo la sua naturale ritrosia, Cioran si concede per la prima volta alle telecamere. E così, rievocando la vita incerta da eterno studente nel Quartiere Latino, Cioran parla della scrittura come frutto della "miseria interiore", del sentimento dell'Irreparabile in Pascal e Baudelaire, degli eroi nichilistici di Dostoevskij, della passione intramontabile per Bach, dell'importanza dell'amicizia, del problema del male, del suicidio come idea salutare, suggerendo, infine, come si possa sopportare la vita nonostante l'evidenza che sarebbe stato meglio non essere nati.