Non siamo nati per leggere, ma siamo dotati
di un cervello straordinariamente plastico.
Così apprendiamo dalla storia e dalla scienza
del cervello che legge, raccontate da
Maryanne Wolf in questo lucido e appassionato
saggio, dove si intrecciano riferimenti a
discipline diverse quali neuroscienza, linguistica,
psicologia, storia e pedagogia. La lettura,
mostra la Wolf, non è un’attitudine naturale
dell’uomo, ma una sua invenzione, forse la
più geniale, che risale a 6000 anni fa in
Mesopotamia, con la scrittura cuneiforme dei
Sumeri. Ottimo esempio di architettura aperta,
per imparare a leggere, il cervello umano
ha dovuto, e ancora oggi ogni volta deve daccapo,
creare sofisticati collegamenti tra strutture
e circuiti neuronali in origine preposti ad
altri più basilari processi, come la vista e la
lingua parlata. Il cervello riplasmato in modo
nuovo dalla lettura ha così consentito la formazione
di un sapere non più improntato alla
ripetitività tipica delle culture orali, ma caratterizzato
dall’accumulo, creativo e vertiginosamente
efficace, di sempre nuove conoscenze.
Al livello sia biologico sia intellettuale, la
lettura permette alla specie umana di oltrepassare
l’informazione già data per produrre
innumerevoli e meravigliosi nuovi pensieri. La
cultura così come ora la conosciamo è figlia
del cervello che legge.
Ma oggi, con l’avvento della cultura digitale e il suo privilegiare l’immagine rispetto alla scrittura, ci troviamo, come 6000 anni fa, nel mezzo di una transizione di portata epocale, un cambiamento di paradigma che sta riorganizzando secondo nuovi parametri il cervello delle nuove generazioni, i nativi digitali. Questo passaggio di civiltà fa sorgere domande inedite: quali perdite e guadagni riserva il domani ai tanti giovani che hanno in larga misura sostituito al libro la caleidoscopica cultura di internet, con la sua informazione sovrabbondante e la sua attenzione intermittente? La rapida, quasi istantanea, presentazione di un contenuto informativo digitale può pregiudicare il decantarsi di un sapere più profondo, che necessita di tempi più lunghi? È possibile che la capacità delle prossime generazioni di ricavare intuizioni, gioia, dolore, saggezza da un libro andrà a diminuire in misura significativa? In sintesi, la questione è se i nostri figli stanno disaffezionandosi al cuore stesso del processo della lettura: andare oltre il testo, pensando con la loro testa, per pensare a sé.
Ambizioso e stimolante, avveduto e ben fondato, Proust e il calamaro fornisce strumenti preziosi per interpretare questa complessa transizione, così che quell’irrinunciabile acquisizione della specie umana che è la lettura possa integrarsi col nuovo che verrà, grazie, ancora una volta, alla prodigiosa duttilità del cervello umano.
Ma oggi, con l’avvento della cultura digitale e il suo privilegiare l’immagine rispetto alla scrittura, ci troviamo, come 6000 anni fa, nel mezzo di una transizione di portata epocale, un cambiamento di paradigma che sta riorganizzando secondo nuovi parametri il cervello delle nuove generazioni, i nativi digitali. Questo passaggio di civiltà fa sorgere domande inedite: quali perdite e guadagni riserva il domani ai tanti giovani che hanno in larga misura sostituito al libro la caleidoscopica cultura di internet, con la sua informazione sovrabbondante e la sua attenzione intermittente? La rapida, quasi istantanea, presentazione di un contenuto informativo digitale può pregiudicare il decantarsi di un sapere più profondo, che necessita di tempi più lunghi? È possibile che la capacità delle prossime generazioni di ricavare intuizioni, gioia, dolore, saggezza da un libro andrà a diminuire in misura significativa? In sintesi, la questione è se i nostri figli stanno disaffezionandosi al cuore stesso del processo della lettura: andare oltre il testo, pensando con la loro testa, per pensare a sé.
Ambizioso e stimolante, avveduto e ben fondato, Proust e il calamaro fornisce strumenti preziosi per interpretare questa complessa transizione, così che quell’irrinunciabile acquisizione della specie umana che è la lettura possa integrarsi col nuovo che verrà, grazie, ancora una volta, alla prodigiosa duttilità del cervello umano.
Biografia dell'autore
Maryanne Wolf è una delle più note neuroscienziate cognitiviste. Studiosa della lettura, e in particolare della dislessia, insegna alla Tufts University (Massachusetts, USA), dove è titolare della cattedra John DiBaggio su Cittadinanza e Servizi sociali e dirige il Center for Reading and Language Research.