Queste pagine di Onora O’Neill, figura di spicco nell’odierna cultura inglese, costituiscono un’occasione preziosa per riflettere su una problematica che riguarda, in maniera peculiare, anche il nostro Paese. La scarsa fiducia negli altri, la diffidenza nei confronti delle istituzioni, la logica dell’interesse particolare sono caratteristiche spiccate della mentalità italiana, pagate a caro prezzo, soprattutto in termini di coesione civile. Ma la crisi di fiducia affligge in genere le società avanzate, a causa della loro estrema, indominabile complessità. Sosteniamo di non poterci più fidare delle istituzioni pubbliche e di coloro che le guidano, dei medici, degli scienziati, dei manager, dei finanzieri, per non parlare dei politici e dei giornalisti. Le loro affermazioni sono spesso considerate con sospetto, quasi fossero lo schermo di secondi, inconfessabili fini. Come è possibile, del resto, per il cittadino comune, verificarne la credibilità, soprattutto là dove, ed è la norma, non dispone di informazioni e competenze approfondite? E tuttavia fidarsi è d’obbligo quasi in ogni frangente della vita quotidiana, anche quando si è riluttanti.
Sia essa realtà o semplice sensazione, la crisi della fiducia ha effetti deleteri e corrosivi sulla società e sulla democrazia. Ma è possibile ripristinare la fiducia richiamando, attraverso vincoli sempre più stringenti, i singoli e le istituzioni alle loro responsabilità? O i sistemi e le procedure di verifica e controllo, a cui oggi sempre più spesso si ricorre, non solo rischiano di appesantirci con inutili adempimenti, ma producono l’esito paradossale di minare la fiducia stessa? Onora O’Neill non affronta questi interrogativi elaborando una teoria generale. Pragmaticamente si rivolge ad alcune questioni assai concrete (trasparenza dell’informazione, cultura dei doveri, burocratizzazione dei controlli, libertà di stampa) e, mettendo in discussione i luoghi comuni più correnti, sollecita una riflessione utile a (ri)generare quel capitale sociale che è costituito dalle relazioni fiduciarie: una risorsa immateriale a disposizione di tutti, ‘bene pubblico’ indispensabile alla vita economica, sociale e politica.
Sia essa realtà o semplice sensazione, la crisi della fiducia ha effetti deleteri e corrosivi sulla società e sulla democrazia. Ma è possibile ripristinare la fiducia richiamando, attraverso vincoli sempre più stringenti, i singoli e le istituzioni alle loro responsabilità? O i sistemi e le procedure di verifica e controllo, a cui oggi sempre più spesso si ricorre, non solo rischiano di appesantirci con inutili adempimenti, ma producono l’esito paradossale di minare la fiducia stessa? Onora O’Neill non affronta questi interrogativi elaborando una teoria generale. Pragmaticamente si rivolge ad alcune questioni assai concrete (trasparenza dell’informazione, cultura dei doveri, burocratizzazione dei controlli, libertà di stampa) e, mettendo in discussione i luoghi comuni più correnti, sollecita una riflessione utile a (ri)generare quel capitale sociale che è costituito dalle relazioni fiduciarie: una risorsa immateriale a disposizione di tutti, ‘bene pubblico’ indispensabile alla vita economica, sociale e politica.
Biografia dell'autore
Onora O’Neill è preside del Newnham College di Cambridge. Ha scritto ampiamente su temi di filosofia politica, etica, diritto internazionale, bioetica e sulla filosofia di Kant. Dal 1999 siede alla Camera dei Lord come indipendente.