Libri di Paolo Virno
Grammatica della moltitudine. Per una analisi delle forme di vita contemporanee
di Paolo Virno
editore: DeriveApprodi
pagine: 94
Negli anni del nostro scontento. Diario della controrivoluzione
di Paolo Virno
editore: DeriveApprodi
pagine: 320
Questo libro è un diario pubblico, esente dai rovelli interiori con cui ingannano il tempo le anime in pena, scritto da chi gu
Delll'impotenza. La vita nell'epoca della sua paralisi frenetica
di Paolo Virno
editore: Bollati Boringhieri
pagine: 144
Le forme di vita contemporanee sono segnate dall'impotenza
Avere. Sulla natura dell'animale loquace
di Paolo Virno
editore: Bollati Boringhieri
pagine: 208
Il verbo avere risiede al cuore del nostro linguaggio
L'idea di mondo. Intelletto pubblico e uso della vita
di Paolo Virno
editore: Quodlibet
pagine: 204
Piccolo vademecum di un materialismo poco incline al pentimento e alla dissimulazione, questo libro raccoglie tre saggi avvinghiati l'uno all'altro come fratelli siamesi. Il primo, "Mondanità", cerca di chiarire (con e contro Kant e Wittgenstein) che cosa significa la semplice parola "mondo", con la quale indichiamo il contesto percettivo e storico in cui si svolge la nostra esistenza. Come bisogna intendere espressioni consuete quali "stare al mondo", "il corso del mondo", "gente di mondo"? Il secondo saggio, "Virtuosismo e rivoluzione", è un minuscolo trattato politico: propone un insieme di concetti (moltitudine, esodo ecc.) in grado di affrontare la tempesta magnetica che ha messo fuori gioco le bussole cui si è affidata, dal Seicento in poi, la riflessione sulla sfera pubblica. Il terzo saggio, "L'uso della vita", è l'enunciazione stenografica di un programma di ricerca sulla nozione di uso. Che cosa facciamo di preciso quando utilizziamo un martello, un lasso di tempo, un enunciato ironico? Ma, soprattutto, in che cosa consiste quell'uso di sé, della propria stessa vita, che sta alla base di tutti gli altri usi? Una ricerca in tre tappe in cui filosofia del linguaggio, antropologia e teoria politica si passano con naturalezza il testimone.
Grammatica della moltitudine. Per una analisi delle forme di vita contemporanee
di Paolo Virno
editore: DeriveApprodi
pagine: 117
Ritengo che il concetto di "moltitudine", da contrapporre a quello più familiare di "popolo", sia un attrezzo decisivo per ogni riflessione sulla sfera pubblica contemporanea. Questi due concetti in lizza tra loro, forgiatisi nel fuoco di contrasti acutissimi, giocarono un ruolo di prima grandezza nella definizione delle categorie politico-sociali della modernità. Fu la nozione di "popolo" a prevalere. "Moltitudine" è il termine perdente, il concetto che ebbe la peggio. Nel descrivere le forme della vita associata e lo spirito pubblico dei grandi Stati appena costituiti, non si parlò più di moltitudine, ma di popolo. Resta da chiedersi se oggi, alla fine di un lungo ciclo, non si riapra quella antica disputa; se oggi, allorché la teoria politica della modernità patisce una crisi radicale, la nozione allora sconfitta non mostri una straordinaria vitalità, prendendosi così una clamorosa rivincita.
E così via, all'infinito
Logica e antropologia
di Virno Paolo
editore: Bollati Boringhieri
pagine: 221
Problematico, instabile, plastico, pericoloso: la sua storia naturale attesta al di là di ogni dubbio che l'animale umano è, c
Motto di spirito e azione innovativa
Per una logica del cambiamento
di Virno Paolo
editore: Bollati Boringhieri
pagine: 98
Gli esseri umani sono in grado di cambiare il proprio modo di vivere, mettendo da parte vecchie regole e abitudini consolidate
Quando il verbo si fa carne
Linguaggio e natura umana
di Virno Paolo
editore: Bollati Boringhieri
pagine: 224
Il ricordo del presente
di Paolo Virno
editore: Bollati Boringhieri
pagine: 162
Il "déjà vu" è una inquietante patologia della memoria, in base alla quale ci sembra di rivivere sempre di nuovo qualche frammento del passato. La "fine della Storia" è l'idea, o lo stato d'animo, che caratterizza il senso comune postmoderno. Vi è un rapporto tra le due cose? La "fine della Storia" ha la sua radice nel fenomeno del "déjà vu"?