Nell’esistenza di Stendhal, Milano rimane sinonimo di “ascesi alla felicità”, tra cadute e piccole vittorie, spazi goffamente percorsi alla ricerca di un assoluto: Métilde «noble et sublime», che rimarrà la «grande affaire» della sua vita. Métilde Viscontini Dembowski, quest’italiana dai grandi ideali, «giardiniera del Risorgimento», legata a Foscolo e a Confalonieri, determinerà gli anni milanesi di Henri Beyle e in gran parte la decisione estrema di lasciare la città lombarda. Esasperato dal dolore, Stendhal riversa nella scrittura la crudezza sulle sue impossibilità e produce un breve frammento che intitola semplicemente Roman, redatto di getto il 4 novembre 1819, giorno di san Carlo Borromeo. Métilde e la sua ostinata distanza provocano l’evento: Roman è da vedersi quale primo tentativo scritturale da parte di Stendhal che solo molto più tardi, nel 1827, si riproporrà come romanziere, con Armance. Dodici paginette che Stendhal dedica a Métilde e alla società lombarda.
L’autografo, depositato presso la Bibliothèque municipale de Grenoble, viene qui presentato per la prima volta e riprodotto in facsimile, annotato e con la traduzione italiana a cura di Annalisa Bottacin.