Medusa Edizioni: LE PORTE REGALI
In forma di parola. Dodici letture
di Giovanni Pozzi
editore: Medusa Edizioni
pagine: 160
Questo volume raccoglie le dodici "Letture al caminetto" che la Radio Svizzera italiana trasmise tra il 1996 e il 1999, riproposte nel Cd-Rom allegato. Si tratta di letture pensate per i non specialisti o meglio, come dice lo stesso autore, indirizzate "non ai forzati della letteratura quali sono gli studenti liceali, ma a chi desidera alimentare la propria educazione sentimentale". Un'educazione, dunque, che non è perseguita attraverso l'imposizione, ma muove dal convincimento, di marca squisitamente francescana, che diletto e verità possano andare a braccetto. Una raccolta di testi che vanno dal Medioevo al Novecento scritti, oltre che in italiano, in latino umanistico, in macaronico, nei dialetti settentrionali di alcune ninne nanne.
Il ritorno di Lazzaro
di Jean Cayrol
editore: Medusa Edizioni
pagine: 88
Nonostante gli sforzi per mascherare la sua origine e il suo accento, nel giovane Jean Cayrol François Mauriac riconosceva i tratti lievi e la non comune dolcezza tipici della provincia di Bordeaux. Nato nel 1911, poeta di belle speranze, allo scoppio della Seconda guerra mondiale Cayrol si impegnò attivamente nella rete della resistenza antinazista. Arrestato e deportato a Mauthausen, "tanta dolcezza e tanta capacità di sognare non gli servirono più a nulla, perché ormai era giunto", scriveva ancora Mauriac, "il tempo degli assassini". Le notti e le nebbie di Bordeaux annunciarono a Jean Cayrol "un'altra notte, un'altra nebbia da cui soltanto per un miracolo è riuscito a tornare, con quel canto tragico sulle labbra e tutti i corpi crocifissi dei suoi compagni che non finirà mai di portare su di sé, corpi che per lui, ormai, sono appesi sulla medesima croce". Nel 1945, dopo tre anni di detenzione nel campo di Mauthausen, Cayrol scriverà alcune pagine memorabili di quella "letteratura del ritorno" che, nella sua riflessione, prenderà il nome di "lazzariana".
Lo specchio del Settecento. Considerazioni sui costumi
di Charles Duclos
editore: Medusa Edizioni
pagine: 184
Charles Duclos incarna nella maniera più emblematica la figura dell'uomo di lettere settecentesco: grazie solo al suo spirito e alla sua arguzia, malgrado i suoi modi franchi e talvolta rudi, ebbe accesso ai salotti più esclusivi di Parigi; la sua erudizione di storico e di linguista gli aprì le porte di numerose accademie, ma, nello stesso tempo, egli fu autore di romanzi galanti; uomo di Corte, si legò tuttavia agli ambienti intellettuali illuministi. Per tutte queste ragioni, nelle Considérations sur les moeurs de ce siècle Duclos ha potuto tratteggiare un vasto e vivace affresco ricco di preziose informazioni sulla società della sua epoca. Benché, per la precisione e l'eleganza del suo stile rapido e incisivo, quest'opera di Duclos appartenga incontestabilmente alla grande tradizione dei moralisti classici, da La Rochefoucauld a Vauvenargues, essa può essere considerata anche come una sorta di trattato di sociologia, che si lascia leggere come un romanzo: nelle Considérations, infatti, compaiono e vengono descritti con grande vivacità tutti i personaggi - altezzosi aristocratici, perfidi cortigiani, finanzieri arroganti, letterati ambiziosi - che per più di un secolo, con i loro intrighi e i loro vizi, con le loro virtù e la loro raffinata arte di vivere, fecero di Parigi il centro dell'Europa e di tutto il mondo civilizzato.
La voluttà
di Julien O. de La Mettrie
editore: Medusa Edizioni
pagine: 103
Il gusto per il gioco della seduzione, l'aspirazione a una forma di felicità mondana e sensuale, la dialettica di ragione e sentimento, che sono alcuni dei tratti che caratterizzano Io spirito filosofico del Settecento francese, si trovano concentrati in questo breve testo di La Mettrie apparso nel 1746. In quest'opera, l'apologia della voluttà diventa pretesto per un'apologia della natura stessa dell'uomo, un appassionato appello in favore della sua liberazione da ogni pregiudizio: il materialismo di La Mettrie, che nasce dalle sue esperienze di medico, rivendica per l'uomo il diritto a esprimere quelle pulsioni naturali che lo spingono irresistibilmente verso la ricerca del piacere. La Mettrie si rifiuta di identificare la virtù con il controllo e la repressione delle passioni e, anticipando di quasi due secoli certe teorie psicanalitiche, riconosce invece nel principio di piacere la pulsione primaria dell'uomo. Lo "spirito" non è allora la negazione del corpo e dei suoi impulsi, bensì soltanto la capacità da parte dell'uomo di fare un buon uso dei propri sensi e piaceri: "voluttà" è il nome con cui La Mettrie designa quest'arte raffinata. Ciò che rende La voluttà un testo particolarmente affascinante, e così tipicamente settecentesco, è la fusione in esso di argomentazioni filosofiche e di forme narrative di gusto rococò, di ardite prese di posizione anti-metafisiche e di slanci lirici.
Poesia e letteratura
di Luis Cernuda
editore: Medusa Edizioni
pagine: 157
Fin dall'infanzia e dalle sue prime prove poetiche, Cernuda fu "impar" differente, asimmetrico, incomparabile e inavvicinabile -, come di lui ebbe a dire l'intima amica Maria Zambrano. Chiuso in una intransigente solitudine (eppure sempre attento a chi e a che cosa lo circondava, nella quotidianità e sulle pagine dei libri), questo esule per scelta esistenziale, più che per necessità contingente, ha vissuto con orgoglio la sua condizione di viandante perenne, estromettendosi dal mondo per inseguire una serenità utopica, ma consapevole di doverlo abitare per sopravvivere. Redatti fra gli anni Quaranta e Sessanta, questi saggi appartengono alla fase meditativa della produzione cernudiana, e ne rivelano le predilezioni e le eterodosse interpretazioni nei confronti sia della sua letteratura nativa, sia degli interpreti stranieri. Da Cervantes a Baudelaire, a Nerval, Gide, Hölderlin, Eliot, Yeats, le letture di Cernuda distillano quell'assonanza col suo stesso sentire che si esprime, come scrisse il poeta sivigliano, in "un modernissimo senso di lacerazione, un tagliente luccichio che ci fende la carne".
La nobiltà della pelle
di Henri Grégoire
editore: Medusa Edizioni
pagine: 77
La nobiltà della pelle è l'ultimo lavoro di spessore che il settantaseienne Henri Grégoire, infaticabile difensore degli uomini di tutti i colori, dedica alla questione coloniale. Scritto nel 1826, questo brillante pamphlet porta alla loro estrema e più convincente sintesi le argomentazioni sviluppate nel corso di quarant'anni di impegno abolizionista e anticoloniale. Il testo non deve essere considerato solo come un classico del pensiero abolizionista animato da una veemente intenzione morale: esso rappresenta uno dei primi tentativi di fornire una complessiva analisi sociologica e politica del razzismo. Indicando la continuità logica di pregiudizio e oppressione l'abbé Grégoire vi apre una strada che conserva intatta sino a oggi tutta la sua forza: il razzismo, dice Grégoire, è una falsa questione culturale, che per essere disinnescata sotto il profilo sociale deve essere compresa più giustamente come una questione politica. La questione del razzismo non è altro, in fondo, che la questione della nostra irrealizzata democrazia.
Lettera a un amico arabo
di André Chouraqui
editore: Medusa Edizioni
pagine: 176
In un racconto in cui si intrecciano elementi autobiografici e utopie, storie individuali e destini di popoli interi, Chouraqui conduce il lettore dall'infanzia dei due protagonisti a Gerusalemme, dove i confini fra arabi ebrei e cristiani incessantemente si confondono e si ricostituiscono, al loro ritrovarsi nei giorni drammatici della guerra dei sei giorni, nel 1967. Molte vicende nel frattempo li avevano separati: i differenti percorsi intellettuali avviati negli anni dell'università a Parigi, anni segnati dal fascino della cultura e della laicità francese, ma anche dalla riscoperta del valore delle proprie radici religiose e culturali, e in seguito il dramma della seconda guerra mondiale, la partecipazione attiva in Francia alla resistenza, il ritorno in Palestina e l'esplosione della guerra tra Israele e il mondo arabo nel 1948. Il protagonista traccia con maestria la trama di una storia i cui fili si riannodano in una radice comune, mostrando come arabi ed ebrei possano immaginare ancora oggi, nonostante decenni di violenze sanguinose, di muovere infine verso un destino di pace comune. Visionario e lucidissimo, appassionato e razionale, questo testo suggerisce la possibilità di perseguire con successo, in Palestina, un ideale di vita comune.
Storia degli oracoli
di Bernard Le Bovier de Fontenelle
editore: Medusa Edizioni
pagine: 160
In questo breve saggio, sotto la penna arguta di Fontenelle un soggetto erudito come quello concernente il silenzio degli oracoli dopo l'avvento del Cristianesimo diventa l'occasione per scrivere un'apologia del libero esame razionale contro le soperchierie della superstizione: prendendo spunto da un dotto trattato latino, grazie a un costante, lieve e garbato (e prudente) uso delle armi dell'ironia e dell'allusione, Fontenelle lo trasforma in un brillante libello, pieno di esempi curiosi e stravaganti, contro l'autorità della tradizione, contro lo sfruttamento spregiudicato della credulità popolare, contro gli errori cui lo spirito umano sembra non saper resistere.
La parte muta. Incompiuto e frammento allo specchio dell'arte
di Massimo Pulini
editore: Medusa Edizioni
pagine: 94
Dopo "Il secondo sguardo", dedicato al tema della copia e del doppio, e "La mano nascosta", che indagava l'assenza di firma nell'arte dei secoli precedenti la modernità, Massimo Pulini chiude la sua "Trilogia dell'assenza" con un libro che scruta uno dei grandi temi aperti della nostra epoca: il non finito. Perché subiamo il fascino dell'incompiutezza? E sempre stato così, oppure è un frutto dell'attrazione romantica per il frammento antico? In una forma, ormai tipica della scrittura di Pulini, dove la materia artistica si scioglie nel crogiolo della scrittura narrativa e creativa, i vari capitoli di questo libro mettono a confronto il non finito artistico con l'idea della rovina, con l'interruzione volontaria del processo creativo e le mutilazioni con cui un'opera giunge a noi. Partendo dalla suggestione di un sogno che si svolge dentro le cave di Carrara, nel quale tutte le statue prodotte dagli artisti sembrano ritornare e sommarsi dando vita alla montagna originaria, lo storico dell'arte cattura le voci misteriose di presenze che si sono materializzate nella scultura ma anche nella pittura. Un viaggio tra le reliquie di prodigiose memorie. Da Michelangelo a Reni, da Turner a Camille Claudel, fino all'escavazione del tronco di Giuseppe Penone, che fa rivivere l'antico modello concettuale della scultura come "levare" ricollegandosi e chiudendo idealmente il cerchio aperto da Michelangelo.
La conoscenza dello spirito umano
di Vauvenargues
editore: Medusa Edizioni
pagine: 158
Per la raffinatezza, la concisione e la chiarezza del suo stile, Vauvenargues appartiene alla grande tradizione dei moralisti dell'età classica francese, da La Rochefoucauld a Chamfort; tuttavia la sua opera presenta tratti di grande originalità. In essa domina un'etica fondata sul sentimento, la quale contrasta vivamente con il razionalismo imperante del suo secolo: con il culto tipicamente settecentesco per lo spirito arguto, talvolta frivolo, e spesso tagliente fino al cinismo, Vauvenargues svolge un'analisi minuziosa e disincantata delle passioni umane, senza per questo arrivare a condannarne senza appello l'irrazionalità; egli anzi rivendica per esse la funzione di autentico motore delle azioni umane, e della loro grandezza e nobiltà; e nella virtù e nel desiderio di gloria riconosce i valori supremi cui ogni gentiluomo dovrebbe conformare il proprio comportamento. L'originalità del suo pensiero, e la morte prematura, hanno fatto ingiustamente di Vauvenargues una figura marginale nel panorama della filosofia settecentesca: egli però ebbe il tempo di essere ammirato da Voltaire, che all'epoca era già una delle figure di spicco della scena letteraria in Francia, e in Europa.
Apologia degli ebrei
di Zalkind Hourwitz
editore: Medusa Edizioni
pagine: 80
Documento storico di particolare limpidezza e modernità, questo testo è una testimonianza di quanto la questione ebraica fosse un tema centrale nella cultura e nella politica europea all'alba della Rivoluzione Francese, all'alba cioè di tutto ciò che di "europeo" e di "moderno" riconosciamo al giorno d'oggi. Scritto nel fatidico 1789, come risposta a un'inchiesta accademica, questo testo affronta punto per punto tutti i pregiudizi che nonostante l'Illuminismo, e forse proprio a causa di questo, funestavano a quel tempo le opere e i giorni degli Ebrei di Francia e di altri Stati. Con tono asciutto, ma non privo di pathos e di indignazione, l'autore, un ebreo "illuminato" di origini aschkenazite, mira soprattutto a confutare la giudeofobia di matrice voltairiana, sorta in ambito colto, colpevole di aver trasformato gli ebrei nei capri espiatori della crisi dell'epoca. Ribadendo la necessità della tolleranza reciproca, al fine di vivere felici, anticipando in modo sorprendente quella che sarà la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, Hourwitz lancia una provocazione anche alla condizione attuale, che vede nell'intreccio di culture migranti una delle sue criticità più esposte.