Jacques Rancière è il filosofo a noi contemporaneo che più di tutti ha saputo articolare una riflessione insieme estetica e politica. Ormai considerato a livello internazionale tra i più acuti «critici» dello sguardo sull'arte e sul cinema, il suo approccio si allontana da ciò che normalmente si intende per relazione arte/politica. Non il contenuto politico dell'arte, né tantomeno la sua forma. Piuttosto, una riflessione che parte da ciò che questi due ambiti condividono nelle loro premesse: lo statuto della visibilità. Sia per la politica che per l'estetica la questione è infatti la capacità di ridisegnare lo spazio della percezione, facendo «vedere» ciò che prima non lo era. È ciò che accade con Gezi Park o le primavere arabe quando improvvisamente «si vedono» generazioni di giovani sull'altra sponda del Mediterraneo; è ciò che accade con un film di Bela Tarr o un'opera di Alfredo Jarr. La politica si configura allora come una disciplina e una pratica in tutto e per tutto estetica, ovvero capace di mutare il modo in cui guardiamo, sentiamo e percepiamo. Questo è il materialismo della sensazione di un filosofo mondialmente acclamato.
La partizione del sensibile. Estetica e politica

Titolo | La partizione del sensibile. Estetica e politica |
Autore | Jacques Rancière |
Traduttore | F. Caliri |
Argomento | Storia, Religione e Filosofia Filosofia |
Collana | Forme di vita, 2 |
Editore | DeriveApprodi |
Formato |
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Pagine | 80 |
Pubblicazione | 2022 |
ISBN | 9788865484364 |
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