Rubbettino: Problemi aperti
Un papa che divide? Le inevitabili contraddizioni di un pontificato rivoluzionario
di Gian Franco Svidercoschi
editore: Rubbettino
pagine: 102
Ma davvero Francesco è un papa che divide? Potrebbe sembrare una domanda provocatoria, critica
Migranti spa. Il business dell'immigrazione: cifre, vittime e carnefici
di Pierfrancesco De Robertis
editore: Rubbettino
pagine: 153
Lo Stato italiano spende sei-sette miliardi di euro all'anno per l'accoglienza dei migranti, un fiume di soldi
La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede
di Armando Matteo
editore: Rubbettino
pagine: 126
A dieci anni quasi dalla sua prima apparizione, "La prima generazione incredula" viene ora ripubblicata in versione aggiornata
Siamo molto popolari. Controstoria di una riforma che arriva da lontano e porta all'oligopolio bancario
di Corrado Sforza Fogliani
editore: Rubbettino
pagine: 163
La riforma delle banche popolari ha colpito un sistema che per centocinquant'anni ha finanziato la crescita delle piccole e me
Come si comanda il mondo. Teorie, volti, intrecci
editore: Rubbettino
pagine: 229
Di fronte al disordine mondiale scaturito dalla caduta del muro di Berlino e dagli attentati dell'11 settembre 2001, ci si chi
EroStudente. Il desiderio di prendere il largo
di Giovanni Lo Storto
editore: Rubbettino
pagine: 60
Il mondo è cambiato e i nostri occhi ne sono testimoni entusiasti
Viva l'Europa viva
di Davide Giacalone
editore: Rubbettino
pagine: 247
Europei si nacque. Europeisti si era. Antieuropeisti o euroscettici lo si è diventati. Europeisti lo eravamo per normalità, molto anche per retorica, certo. Antieuropeisti lo si è diventati dopo avere goduto dei benefici dell'integrazione, i quando i molti errori commessi e l'affermarsi dei vincoli parametrali hanno consentito di operare la più fantastica delle falsificazioni: i conti dissestati, la spesa pubblica improduttiva, il debito stellare, la connessa demoniaca pressione fiscale, non erano più conseguenza delle scelte i che si erano fatte, del diffondersi dell'assistenzialismo, delle reclamate elemosine di Stato, dei contrasti al dispiegarsi del libero mercato e della tenace difesa delle rendite di posizione, ma erano tutte colpe dell'Europa. Ciliegiona sulla torta: la viltà delle classi dirigenti, politica e non solo, che anziché assumersi il compito di richiamare alla ragionevolezza e all'ordine hanno provato a scaricare il peso delle cose dovute su un'entità astratta e prevalente: ce lo chiede l'Europa. C'è del buono, in questo percorso degenerativo, che buono non è. Una delle cose buone è che dirsi europeisti non è più lo scontato e indistinguibile luogo comune, praticabile in qualche adunanza domenicale o in qualche rituale celebrazione scolastica. Dirsi europeisti è diventato un problema, un'affermazione che desta reazioni vivaci. Taluni credono sia quasi segno di follia. E io sono un europeista.
I tragediatori. La fine dell'antimafia e il crollo dei suoi miti
di Francesco Forgione
editore: Rubbettino
pagine: 131
L'Antimafia dei tragediatori è scoperta. È finita. Chi sono, da dove vengono e perché stanno crollando le icone e i "miti" dell'Antimafia. Imprenditori, giornalisti, magistrati, associazioni sono travolti da inchieste giudiziarie e dalla questione morale. Hanno costruito carriere, accumulato potere, fatto affari. Nei salotti televisivi e sui giornali erano i nuovi eroi. Sempre pronti a dividere il mondo tra buoni e cattivi, puliti e collusi. Per anni sono stati intoccabili: o con loro o con la mafia. Una trasfigurazione della realtà nella quale si perde il confine tra mafia e antimafia. È una storia che viene da lontano con risvolti politici e sociali e per la prima volta è raccontata da un protagonista in maniera diretta, senza ipocrisia e omertà. Prefazione di Giuseppe Di Lello.
Tutti muoiono troppo giovani. Come la longevità sta cambiando la nostra vita e la nostra fede
di Armando Matteo
editore: Rubbettino
pagine: 101
Nessuno, ma proprio nessuno di noi, cittadini dell'Occidente avanzato, accetta più di considerarsi o di venire considerato "vecchio". A qualsiasi età qualcuno muoia, muore giovane. Anzi: troppo giovane. E tutto ciò perché la vecchiaia nel nostro tempo è scomparsa, ostracizzata, resa oscena, diventata non più degna di venire a parola, praticamente espulsa dal ciclo naturale dell'esistenza umana. Siamo messi così di fronte all'effetto più conturbante che l'odierno fenomeno della longevità di massa ha sull'immaginario diffuso: grazie ad essa, non si pensa di avere oggi una vita semplicemente più lunga dei nostri antenati, il cui ultimo tratto si chiama appunto vecchiaia, naturalmente proiettato sull'evento della morte. Si ritiene piuttosto di avere a propria disposizione più vite, più esistenze, più possibilità, più occasioni, in cui ricominciare sempre daccapo e grazie alle quali potersi sentire sempre giovani e disponibili a nuovi cambiamenti e progetti, eterni tirocinanti nel laboratorio dell'esistenza. In ogni caso mai adulti o vecchi o semplicemente mortali. Ed è per questo che si muore sempre troppo giovani ed alla realtà della morte viene tolto quel valore di questione ultima e decisiva per la qualità della vita stessa. Questo libro interroga in profondità tali cambiamenti, la loro ripercussione nell'ambito delle relazioni educative e sociali, ed infine il loro effetto sulla pratica della fede, mai immune da ciò che tocca l'umano che è comune.
Sindrome calimero. Per l'Italia che corre contro quella che le sega le gambe
di Davide Giancalone
editore: Rubbettino
pagine: 234
Se guardi l'Italia dall'esterno sembra impossibile che sia in crisi. Se la guardi dall'interno sembra impossibile che si regga in piedi. Quella che ha saputo cavalcare la globalizzazione cresce. Quella che ha praticato la lamentazione si rattrappisce. La recessione ha prodotto ristrutturazioni e ripartenze, ma anche lo schiumare di rabbie indistinte e il crescere della società gemebonda. Esempi concreti (ILVA, Rtl 102.5, Tabaccai e Zamperla) aiutano a capire come abbiamo aggravato la crisi e perso occasioni. Come rimediare e cogliere opportunità. Calimero è perdente perché si sente tale. Ma non basta la retorica, per dirsi vincenti. Né basterà una lavata. La Sindrome di Calimero va superata con la ragione. Ci vuol più di qualche chiacchiera.
La bella morte dell'ateismo moderno
di Nemo Philippe
editore: Rubbettino
pagine: 144
Per circa due secoli, un intero filone di ricerche intellettuali, sia sincere sia propagandistiche, ha cercato di convincerci